martedì 11 febbraio 2014

Voglia di cinema #12: Nebraska

Nebraska, di Alexander Payne, commedia drammatica, Usa 2013, 115 minuti
  
Varie ragioni mi hanno portato a vedere questo Nebraska, ultima opera di Payne, regista tra le altre cose di "A proprosito di Smidht" (film che ho trovato molto simile, quindi regolatevi).
Prima tra tutte, lo ammetto con un po' di imbarazzo, la candidatura agli oscar, sia come miglior film che come miglior regista tra le altre, in tutto comunque ne ha incassate 6, vedremo poi alla fine...
Altro fattore che mi ha incuriosita non poco è stata la scelta del bianco e nero. Ho sperato non fosse
una mossa stile "The artist" e m'è andata fatta bene!

Il film racconta di una famiglia, di un viaggio che oltre che fisico si rivelerà umano, di come la speranza ci dia uno spintone ad andare avanti.
Will Grant, padre di famiglia, in là con gli anni, con vecchi problemi legati all'alcol ai tempi del ritorno dal Vietnam, e ora con seri problemi di demenza senile, è convinto di aver vinto un milione di dollari , deve solo andare a riscuotere a Lincoln in Nebraska, come scritto nella lettera ricevuta.
Tutti in famiglia cercano di fargli capire che si tratta di una truffa, e che il Nebraska è troppo distante, ma inutilmente, e dopo il primo tentativo fallito di intraprendere il viaggio a piedi, il figlio più piccolo David decide ad accompagnarlo, per fargli constatare coi suoi occhi quello che tutti gli hanno spiegato, ma soprattutto per passare del tempo col padre e conoscerlo meglio. E così sarà.
David capirà che per Will è tanto importante l'idea di aver vinto perché è arrivato alla sua età pieno di rimpianti e senza niente da lasciare ai figli in eredità, e ha un bisogno vitale di speranza.
Capirà tante cose sul rapporto tra il padre e la madre, di come si siano innamorati, sopportati, e di tutte le crisi superate in tanti anni di matrimonio.
E vedremo tutti come è meglio non dire mai a nessuno che siamo diventati ricchi, nel caso tocchi a qualcuno di noi (sai mai), perché ci ritroveremmo avvoltoi tanto affamati che non si faranno problemi ad aspettare neanche la nostra morte, e si mostreranno per quello che sono realmente.
Se lo sviluppo del film, per quanto dolce e intimo sia, non l'ho trovato tanto meritevole  da essere candidato all'Oscar, perché sì insomma è una cosa già vista mille volte (se non per la scena finale della parata, esilarante, commovente e densa di significato), la fotografia è veramente impressionante, e questa sì che andrebbe premiata con una statuetta (lo spero).
La scelta del bianco e nero è funzionale all'amarezza dei paesaggi della provincia americana, ancora più desolati dall'inizio della crisi economica, e le inquadrature rimangono ferme e perfette, che sembrano quasi raffigurare dei plastici.
Rende esattamente l'idea di lentezza tipica in un road movie, quei viaggi che i tempi frenetici oggi non ci permettono più di fare.

   
Voi l'avete visto? Avete intenzione di vederlo?



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